Diciamocelo, il Messico da sempre affascina un po’ tutti, bartender e non. Sarà per il mare, la cucina, la storia, la tequila (o il tequila, boh). In più aggiungiamo che negli ultimi anni il trend del Mezcal e derivati ci ha fatto un po’ uscire tutti di testa, e il Messico è diventato meta di pellegrinaggi da parte di giovani bartender che neanche Medjugorje.

Quindi, finalmente, la scorsa estate è arrivato anche il mio turno.

L’obiettivo era Tequila, non il liquido, ma la città. Sono atterrata a città del Messico a metà agosto, e faceva un freddo cane. Prima tappa è stata la casa di Frida Kahlo, che è un posto magico e meraviglioso da visitare assolutamente. Perché non si può bere e basta, dopo tutto. Altrettanto imperdibile è un giro alle piramidi di Teotihuacan: a 40 km da città del Messico è uno dei siti archeologici precolombiani più importanti del paese. E poi via in centro, a partire dal Palacio de Bellas Artes fino a infilarsi nei tanti mercati.
Ma passiamo alla notte: Città del Messico ha una scena di bar veramente notevole. Più celebre e assolutamente imperdibile è la Licoreria Limantour, nel cuore del quartiere Roma (ce n’è uno anche a Polanco). Il locale è “normale”: uno street bar easy in un quartiere pieno di baretti e ristoranti. Bellissima drink list e ottimi cocktail. Uno di quei posti che forse non rientrerà tra i miei preferiti al mondo, ma dove sono stata gran bene, tanto che a fine viaggio ci sono tornata.
Altro locale degno di nota è l’Hanky Panky. Qui stiamo parlando di uno speakeasy vero e proprio, e trovarlo è stato difficilissimo con annessi insulti al santo protettore dei secret bar. Si trova al di sotto di un lurido tapas bar in una piazzetta buia al limite del losco. Un ciccione in canottiera vi porterà sul retro del locale, da cui si accede a un bar modaiolo con bancone in marmo, divani in velluto eccetera eccetera. Ho bevuto un drink cosparso di cavallette che non ho molto gradito in realtà. L’uscita avviene attraverso il frigorifero delle birre. Molto carino.

Poi darei un + al bar del Four Seasons, 50 Miles, fresco pure lui di classifiche. Beh i bar dei Four Seasons che abbiamo in mente, scordiamoceli. Musica a palla, un casino esagerato, pieno di gente, bartender impresentabili forse ubriachi. Molto divertente insomma.
Cosa manca: Mezcaleria Clandestina, Gin Gin (Gin bar sì fa strano, ma è così), e assolutamente imperdibile il ristorante La Docena, dove ho mangiato benissimo. Ho pure seguito il consiglio del perfido cameriere che mi ha convinta a ordinare una sorta di tartare di gusano. Una montagnetta di vermi, sì. Sarà il cibo del futuro, qui ne vanno pazzi, ma io pensavo di morire.
Dopo Città del Messico mi sono imbarcata per Guadalajara. La città è molto grande e il centro piuttosto carino. Imperdibile un pranzo alle bancarelle del mercato coperto. Per quanto riguarda la nightlife, qui da non perdere abbiamo: De La O, un bellissimo bar vagamente vintage gestito da persone geniali che aprono alle 13 e chiudono alle 21. E’ un cocktail bar ed è sempre pieno. Cose che noi milanesi non riusciamo a comprendere. Poi El Gallo Altanero, tequila bar nel quartiere della movida di Guadalajara molto frequentato. Quando sono stata io c’era la guest di un bartender italiano. World is small..
Poi! Finalmente sono arrivata a Tequila. Ora, a Tequila non ci sono fancy bar, i cocktail sono tremendi quasi ovunque ma chissenefrega. Qui si beve solo tequila. E in realtà bisogna anche stare un attimo attenti perché le tourist traps sono in agguato. Tipo bottiglioni di plastica da 4 litri venduti ovunque a prezzi irrisori con all’interno un “agave spirit” non meglio identificato. Quello probabilmente vi ucciderà.
Tequila è un pueblo magico, ovvero delle quarantadue cittadine insignite dal governo di questo titolo perché luoghi dove la cultura messicana è rimasta intatta. E’ come il paesino di Coco: colorato, accogliente, magico insomma. Per arrivarci ci vogliono due ore di pullman da Guadalajara attraverso i campi di Agave Azul. E per quanto sia una cittadina relativamente turistica, fatta eccezione per un paio di pullmini a forma di chili e qualche negozietto trash, è un luogo veramente autentico.

Tutte le principali distillerie di Tequila sono ancora qui. Io ho visitato Fortaleza e Don Fulano, da non perdere. Per trovarle basta seguire i mattoncini con l’agave. Come Dorothy.
Nella piazza centrale si trova il mercato. Obbligatorio un pranzo da veri local: tavoli al centro e pentoloni carichi di cibi buonissimi che verranno serviti in quantità esorbitanti a prezzi irrisori accompagnati da tortillas fatte al momento.
Unica pecca, a mio avviso: i mariachi. Ora, io sono sicuramente da sempre una persona anziana e poco tollerante. Ma in una settimana a Jalisco avrò sentito Cielito Lindo almeno 120 volte.

Mariachi a parte, Tequila mi è rimasta nel cuore. Da lì sono ripartita per la Baja California in cerca di spiagge e Mezcal. E di mezcal ne ho bevuto parecchio.
Cocktail bar a parte, la verità è che in Messico si sta proprio bene. E’ un paese immenso, difficile, in molte zone pericoloso e molto lontano. Ma le persone sono gentili, i paesaggi meravigliosi, il mare caldo e le spiagge lunghissime. E poi, sicuramente, non manca mai da bere.